Dunque siamo stati anche in trincea. Tra l’erba di Marassi, dopo tanti assalti premiati dalla zampata di Robin Gosens, la Fiorentina ha scavato un fossato (o ha alzato un muro, scegliete voi), per portare a casa tre punti d’oro che l’avrebbero posizionata là, in alto in classifica.
E a differenza di altre annate sciagurate, sfortunate, smorte, l’operazione è riuscita. Grazie anche a quel satanasso di portiere che ci ritroviamo, David De Gea dato per finito da molti, ma che sembra invece appena all’inizio.
Solida, tecnica, veloce, concreta. Sembra proprio così la Fiorentina targata Palladino. Una squadra che bada al sodo, con interpreti di talento e dalla buona tecnica, giovani emergenti, giovani da rilanciare, giocatori esperti che hanno ancora tanto da dire. È questo il mix che consente a una squadra, all’inizio considerata da pochi, di scalare la classifica dopo un inizio di assestamento e di partite non esaltanti.
I meriti, come sempre in situazioni simili, vanno divisi più o meno equamente: oltre ai giocatori, primi interpreti, va dato atto a Palladino di aver saputo cambiare, mettendosi in discussione. Dopo le prime gare in cui sono emerse grandi difficoltà, soprattutto in difesa, le correzioni alla linea davanti a De Gea sono state efficaci oltre ogni aspettativa.
Così come il vero artefice della ricostruzione è senz’altro quel Daniele Pradè che, dopo anni in seconda fila, ha potuto gestire acquisti e cessioni da protagonista, come fu nel 2012, inizio del ciclo d’oro di Montella.
Siamo a poche giornate dall’inizio, ci saranno partite meno fortunate di quella di Marassi, ma la sensazione è di trovarsi davanti a un’annata che ricorderemo per molto tempo.
Forza Viola.