Manna dal cielo. Questo è Facebook (feisbùk per gli amici) per chi si trastulla con la nostalgia da quando è nato. Uno zibaldone di ricordi nascosti che spuntano all’improvviso quando li avevi archiviati in una remota cartella della memoria.
I fighi lo chiamano web 2.0. Che vuol poi dire interattivo, a due canali, dove si può leggere, consultare, informarsi, ma anche scrivere, aggiornare, informare. Ed è vero. Si caricano/scaricano i file video, le foto e ogni sorta di orpello creativo che può essere digitalizzato.
Ma lungo i cavi ethernet, il wi-fi e le back-bone oceaniche che collegano faccia-libro corrono soprattutto ricordi, emozioni, suggestioni sopite che, all’improvviso, si risvegliano grazie a una foto, a un nome, a un amico di un amico che non era più tuo amico ma lo torna ad essere in pochi click.
La rete è caos, certamente. È un insieme sconclusionato di tutto. Ma è soprattutto una miniera di cui non si intravede neanche lontanamente il fondo. Un giacimento dove appaiono pepite di vita, metalli preziosi che aspettavano solamente di essere scoperti. È come se ognuno potesse ritrovare pezzi della propria vita anche dopo averli abbandonato emotivamente da anni. E se li ritrova tutti interi, o quasi. Ne sente con chiarezza il profumo dimenticato, i rumori attutiti dal tempo.
Attaccati a quegli amici dispersi nei rivoli del tempo, ci sono altri amici e altri ancora, ciascuno con quel pezzo di vita che ha condiviso con te e che ti restituisce gratuitamente.
Forse un giorno, anche vicino, ci stancheremo di faccialibro. Di sicuro, però, non ci stancheremo di farci irretire dalla nostalgia.
E allora un altro sistema ci aiuterà, a ricordare.