Il cataclisma di Valencia ha solo un responsabile: il cambiamento climatico. Il cambiamento climatico ha un solo responsabile: le attività umane.
Le alluvioni ripetute in Emilia-Romagna, Toscana, Piemonte, Liguria, Marche, Sicilia, Austria, hanno sempre lo stesso responsabile. Il clima stravolto.
È curioso, ma forse no, come dopo le drammatiche e apocalittiche immagini di Valencia si siano improvvisamente placate le voci dei tifosi dei tombini da pulire, degli argini da disboscare, degli ingegneri idraulici da bar. Forse anche la loro limitata perspicacia è stata in grado di percepire che sentenziare da una tastiera contro fantomatiche responsabilità od omissioni era un’operazione basata sul nulla.
È invece proprio il caso di dire che siamo tutti sulla stessa, malferma e barcollante barca. Sballottata da venti e piogge fortissime, in balia di eventi più grandi di noi, ma che solo noi, ciascuno di noi, ha la possibilità di cominciare a contrastare.
Ci vorrà tanto tempo. Ma ancora di più ci vorrà la consapevolezza che non si potrà più campare come abbiamo campato fino ad ora. L’uso sfrenato delle risorse naturali, la totale indifferenza per quello che si abbandona una volta utilizzato, l’urbanizzazione senza freni, la produzione fine a stessa, ci stanno facendo affogare in ondate di piena sempre più alte e distruttive.
Si tratta, certo, di scelte da compiere a livello globale, planetario. Un’inversione a U del modello di sviluppo e di consumo. Ma per evitare di giocare allo sport più in voga da un po’ di tempo a questa parte, quello cioé che dà sempre la colpa ai potenti, ai politici, quasi che fossero alieni scesi in terra da un altro pianeta e non, invece, soggetti del tutto simili a chi dovrebbero governare, ecco per evitare questo stucchevole giochino, dovremmo cominciare a capire che possiamo fare e cambiare qualcosa anche noi. Senza aspettare che altri lo facciano prima di noi.
Ci sono abitudini illogiche, dannose, irrazionali, diventate scontate e considerate indispensabili solo perché siamo troppo pigri per pensare che di indispensabile non hanno proprio nulla. Ci si mette in macchina, da soli, incolonnandosi insieme a tanti altri in macchina, da soli, per fare pochi chilometri e raggiungere il posto di lavoro. Quanti, di quelli che ogni giorno si intruppano in coda da soli, nella propria auto, per andare al lavoro, non possono fare lo stesso tragitto a piedi, in bicicletta, oppure utilizzando un mezzo pubblico? Non è nota una percentuale scientificamente dimostrata, ma il 60-70% non dovrebbe essere una cifra molto lontana dalla realtà.
Perché siamo a chiedere ad altri opere gigantesche sul territorio, sui fiumi, sulle pianure e sulle montagne, quando non siamo nemmeno in grado di attuare piccoli gesti quotidiani che, se praticati da tanti, possono contribuire a fare la differenza?